1972-1973. Da una foto professionale al mondo pubblicitario
Piero era solito indossare i modelli da lui stesso ideati, disegnati e realizzati facendosi riprendere da fotografi professionisti e quindi prestandosi ad essere “modello di se stesso”. Proprio grazie a tali foto, esposte nel laboratorio di un noto fotografo fiorentino, Piero divenne anche attore, affiancando ben noti personaggi cinematografici come Fabio Testi ed Enrico Maria Salerno che in quegli anni prestavano la propria immagine a marchi diversi ed affermati sul mercato italiano. L’intento di Piero, come sempre, era di poter vivere da vicino questa nuova e diversa esperienza di vita e divertirsi nell’affiancare le bionde, affascinanti e sorridenti attrici pubblicitarie che, allora come oggi, inevitabilmente venivano presentate all’interno della pubblicità.
Il Principe Carlo e Lady Diana
Nel 1985 il Principe Carlo e Lady Diana decisero di trascorrere qualche giorno a Firenze.
Il console inglese Ivor Rawlinson, che in quel periodo aveva incarico a Firenze ed era già cliente di Piero, apprezzandone la manualità e le capacità sartoriali oltre che le qualità umane, gli offrì la possibilità di esporre alcuni stendardi inglesi all’interno del suo negozio. Gli stendardi, tra cui uno Reale – utilizzato dal 1340 al 1411, da Riccardo II a Enrico IV – e un altro baronale – della famiglia di Sir Walter Blont (1420-1474) – vennero esposti accanto a uno scudo recante la figura di un unicorno, donato anch’esso dal console inglese.
Piero, in modo un po’ sornione, così motiva l’esposizione di stendardi e unicorno in sartoria:
«L’intento dell’esposizione era di poter accogliere, sorprendere e rendere più intimo e familiare il passaggio obbligato del Principe Carlo e di sua moglie dinanzi alla Sartoria Cisternino nel recarsi al vicino e noto ristorante “da i’ Coco Lezzone”…».
Gli stendardi e l’unicorno – ammiccando dall’interno della Sartoria ai clienti abituali o di passaggio, provenienti da ogni parte del mondo – fanno ormai parte dell’arredamento del “salotto” della Sartoria, costituito da tessuti, manichini, fotografie, camicie, giacche, pantaloni e abiti, ma soprattutto in cui si evidenzia e si respira la vita, la passione e l’amore per ciò che quotidianamente si realizza in quel mondo incantato e incantevole della Sartoria Cisternino.
Il Principe del Qatar
Al trillo del campanello che da sempre accompagna l’ingresso alla sartoria, Piero si affacciò per vedere chi fosse entrato:
«Cinque persone fecero accesso in sartoria: una giovane coppia con un bambino e altri due uomini, mentre altre sei persone rimasero ad attendere all’esterno. Uno degli uomini entrato in sartoria – l’unico che sapeva parlare italiano – iniziò a chiedere informazioni sui tessuti che maggiormente attraevano la giovane coppia.»
Una volta presa visione delle mazzette di tessuto “Four Seasons”, la richiesta che immediatamente ne seguì fu di poter incontrare Piero presso il Grand Hotel il giorno successivo. Oltre alle mazzette dei tessuti maschili più leggeri e della seta tipicamente femminile, a Piero venne richiesto di portare con sé gli strumenti del mestiere: metro, spilli e block notes per segnare le misure.
Nell’uscire dalla Sartoria colui che parlava italiano si presentò come Ambasciatore del Qatar e introdusse il Principe e la sua famiglia, scusandosi per i modi che avevano caratterizzato il loro ingresso nel salotto-sartoria (si trattò quasi di un’invasione!), ma spiegando trattarsi di una precauzione necessaria per poter preservare l’incolumità del Principe e del suo seguito.
Piero sorride pensando:
«Le guardie del corpo erano rimaste fuori in sei e solo una affiancava il Principe perché non riuscivano ad entrare tutti in sartoria…»
La mattina successiva, alle 11, Piero venne accolto dal Direttore del Grand Hotel che lo accompagnò all’ultimo piano della struttura – il piano era totalmente occupato dalla delegazione del Qatar che era costituita da 35 persone – e da lì seguì l’ambasciatore nella suite della famiglia reale.
La moglie, che per prima effettuò le sue scelte, selezionò i tessuti per gonne, pantaloni e camicie, prediligendo la seta in numerose gradazioni di tinte chiare e pastello, colori estivi adatti al clima ed alla stagione del loro Paese.
Il Principe selezionò due abiti di linea classica, uno doppio petto ed un altro a tre bottoni, entrambi in grigio, ma scegliendone gradazioni diverse.
Dopo avere preso le misure, il passo immediatamente successivo e importante per la confezione degli abiti erano le prove che, concordate con l’Ambasciatore, unico responsabile delle interazioni con Piero, vennero svolte dopo circa venti giorni in Sardegna. Con sua grande gioia, Piero ne approfittò per effettuare una fugace visita in quelle amene località turistiche, ancor più belle nel periodo che precede l’estate.
Dopo la messa in prova degli abiti ed il relativo perfezionamento a seguito della stessa, gli abiti furono spediti in Inghilterra e da lì indossati in tutto il mondo.
Dal 1985 al 1990 la Sartoria Cisternino ebbe quindi un importante cliente che, amante del bello e di un’artigianalità squisitamente ricercata, sceglieva di indossare gli abiti di Piero durante i suoi numerosi viaggi.
Sting
Nel 1995 Sting, per il suo tour mondiale che prevedeva concerti in tutte le principali capitali del mondo, da Roma a Madrid e da Parigi a New York, decise di indossare i capi di Gucci. Come spesso capita in occasioni come questa, l’esigenza di dover fornire servizi personalizzati ai grandi personaggi del mondo dello spettacolo rende necessario, anche per noti brand del fashion, l’importante contributo di sarti competenti in grado di valorizzare il significato di un abito sartoriale pur essendo “trasformato” da un abito di manifattura industriale. In ciò Piero era maestro e venne scelto personalmente dall’Avvocato Domenico De Sole, allora Presidente e C.E.O. di Gucci, e già cliente della Sartoria Cisternino.
Al mattino Sting inviò un’auto con autista a prelevare Piero per condurlo presso la sua tenuta in Figline Valdarno. Quindici abiti di diversa fattura per disegni, colori, tessuti e fodere, significativamente differenti tra loro, dovevano essere adeguati, adattati e rimodellati alla figura del cantante ed alla volontà scenica dell’artista. Ogni abito doveva esprimere in toto il significato della musica e raggiungere l’unisono tra ciò a cui Sting s’indirizzava in termini di espressione artistica musicale e, al contempo, ciò che desiderava trasmettere quale espressione artistica visiva.
Sting, come tutti gli artisti, intendeva ottenere una “composizione” in cui parole, musica e immagini si potessero integrare reciprocamente, senza soluzione di continuità dal punto di vista semantico.
L’abito, oltre ad assolvere ad una funzione d’immagine del cantante, ricercando una stretta integrazione tra le numerose espressioni artistiche, doveva anche rendere agevole il movimento sul palcoscenico, non impedendo a Sting di muoversi e di saltare sul palco durante lo spettacolo.
Per Piero ciò significò assistere a un’anteprima di quest’ultimo, seguendone direttamente la programmazione e aderendo totalmente, con estrema sensibilità ed entusiasmo, a ciò che quello spettacolo significava per Sting e, soprattutto, avrebbe significato per i suoi spettatori.
Al fine di “migliorare” la performance dell’artista, per la quale gli era stato richiesto di contribuire con il proprio operato, Piero doveva essere in grado di comprendere a fondo e seguire in modo empatico il significato delle parole e della musica, nonché la progressione dei toni e degli avvenimenti sul palco. Insomma, anche Piero avrebbe partecipato con il suo lavoro allo spettacolo mondiale di un grande artista.
Nella sua sala d’incisione Sting eseguì pezzi totalmente nuovi, proposti per la prima volta anche al suo staff composto da circa dieci persone, e solo al termine della cena, dopo aver dedicato alcune canzoni ai suoi ospiti ed aver presentato Piero ad amici, parenti e collaboratori, congedò il bravo artigiano: erano le 22,30!
Quando Piero, trascorsi un paio di mesi da quell’incontro, seguì lo spettacolo di Sting in televisione, nel vedere l’artista durante la sua esibizione ricordò quel giorno alla tenuta e, inebriandosi della musica, rammentò le movenze ed i cambiamenti di scena cui anch’egli aveva lavorato, godendone e non potendo fare a meno di constatare che:
«Ora… più che durante l’esibizione presso la sua tenuta, le luci e la stessa spettacolarizzazione dell’evento… rendevano più che mai l’artista espressione di energia ed unicità…»
De Sole
L’incontro con Domenico De Sole avvenne alla Casellina, l’head-quarter di Gucci. Piero era stato invitato presso l’azienda perché alcuni manager americani avevavo acquistato degli abiti presso i negozi di Firenze (e presso la stessa Gucci) ma ritenevano fosse necessario il contributo di una “mano esperta” per adattare e offrire una maggiore vestibilità ai capi. Fu proprio il modo gentile ed umile di presentarsi, accompagnato da quella competenza che trapelava dal modo di osservare abiti e tessuti e dai movimenti di quelle piccole mani esperte che tastavano e segnavano con gesso, punti e spille, che colpirono l’Avvocato De Sole. Quest’ultimo, educato dalla sua famiglia all’“abito su misura”, divenne da quel momento un cliente affezionato della Sartoria Cisternino.
Piero ricorda con simpatia le richieste “crescenti” che De Sole gli fece nel corso degli anni:
«Iniziai a rimettergli a posto tutti – o quasi – gli abiti che già possedeva e su cui si apriva il suo grande armadio. Erano indubbiamente abiti che rispecchiavano appieno il suo stile classico e sobrio. Finii, nel corso di brevissimo tempo, col realizzargli abiti sartoriali, che portava splendidamente…»
La mano del maestro sarto, la sua creatività e lo stile che trapelava dagli abiti di Piero conquistarono De Sole e con lui tutto l’armadio familiare. I compleanni del suocero venivano festeggiati con sei paia di pantaloni realizzati da Piero, scelti, tagliati, cuciti e definiti nei minimi dettagli dal suo estro creativo – l’unico in grado di soddisfare, a seguito di un piccolo test avvenuto anni addietro, le aspettative e la verve edonistica del suocero di De Sole.
Il “rituale dei pantaloni”, inviati come omaggio al suocero, si protrasse per circa sei anni, raggiungendo un totale di circa quaranta pantaloni prelevati dall’autista personale di De Sole e poi spediti direttamente a New York.
Massimo Bogianckino, sindaco di Firenze
Era un uomo onesto che non amava l’apparenza e non voleva mai essere blasonato; assiduo frequentatore e cliente della Sartoria Cisternino, amava avere il continuo contatto con il mondo esterno e con la vita vera della sua città. Tutte le volte che andava da Piero chiacchierava lungamente con lui, intrattenendosi all’interno del suo salotto-sartoria. Piero lo ricorda con grande affetto e stima:
«semplice, affettuoso, calmo e al contempo carismatico… riusciva a trasferire un senso di familiarità e di amicizia a tutti coloro che gli erano vicini. Non ho mai percepito un senso di distanza e distacco durante le sue numerose visite…»